sabato 27 settembre 2008

Sanità senza scrupoli. Privatizziamo gli ospedali

Questo commento alla proposta del premier Berlusconi di privatizzare gli ospedali al fine di porre rimedio ai dissesti finanziari delle varie ASL italiane, è stimolato dalla notizia data da "Striscia la notizia" secondo la quale una struttura ospedaliera del Mezzogiorno, ad una assistita che chiedeva di essere sottoposta ad una mammografia, rispondeva per lettera che la paziente avrebbe dovuto presentarsi per l'esame nel febbraio dell'anno 2011; fra tre anni circa!
Potrebbe sembrare uno scherzo, ma purtroppo non lo è proprio, perché il Direttore sanitario o manager di quell'ospedale ha confermato candidamente che ciò è vero e che le lunghe attese sono dovute alle troppe richieste pervenute in tal senso. Tutto nella normalità delle cose, quindi(!!!).
La paziente, chiaramente, sarà ora costretta, indipendentemente dal proprio reddito e con buona pace di tutti, a rivolgersi alle strutture private, pagando il doppio, il triplo o addirittura il quadruplo di quanto avrebbe pagato ad una ASL.
Dunque, gli ospedali non funzionano, costano troppo allo stato e vanno messi in vendita al migliore offerente, ovvero a quell'imprenditore che ne "acquisterà" la proprietà a quattro soldi (visto che non funziona nulla) per poi trasformarla, d’incanto, in business; attività propria di chi investe i soldini.
Ebbene, l'imprenditore privato licenzierà, assumerà, acquisterà strumentazioni all'avanguardia, ridurrà nel suo esclusivo interesse i tempi d'attesa a poco più di 24 ore e farà soldi a palate, alla faccia di tanta povera gente che in quell'ospedale non potrà neppure avvicinare per gli alti costi dei servizi offerti.
Mi chiedo cosa potrebbe cambiare in Italia, se all’improvviso si licenziassero migliaia di manager “amici” della politica, che non hanno saputo far altro, per mantenere la loro posizione, che asservirsi totalmente al potente di turno, senza volgere la loro attenzione (ammettendo che ne avessero la capacità), al riassetto di enti, consorzi, strutture sanitarie ed altro, dove gli sprechi e le truffe sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti?
Mi chiedo cosa potrebbe cambiare se si cominciasse a guardare alla meritocrazia e quindi alla professionalità nella scelta dei tecnici, dei professionisti, dei dirigenti?
Cosa potrebbe ancora cambiare se a questa gente lo stipendio venisse dato in funzione del raggiungimento di precisi obiettivi, che nel caso della sanità non sono necessariamente quelli di fare business?
Ebbene, forse qualcosa cambierebbe; ma non è tutto qui!
Se poi i sindacati non si inventassero, d’intesa con i professoroni di turno (titolari anche di avviatissimi studi privati), che il tempo tecnico per fare una TAC ad un paziente corrisponde a circa un’ora, con la conseguenza che per la TAC di un ospedale, per ogni turno di lavoro si possono programmare al massimo 7 esami (ripeto 7 esami al giorno!!!) mentre nelle strutture private questi tempi e questi numeri sono ben altri?
Mi chiedo ancora se i tempi d’attesa potrebbero essere ridotti, e a costo zero per lo stato, se si assumessero più medici da pagarsi con il ricavo dei ticket che i pazienti persano per i loro esami, considerato che ci sono richieste tali da avere turni d’attesa fino al 2011?
Il caro amico Berlusconi farebbe meglio e bene a tentare di moralizzare il sistema, prima di rivolgere la sua attenzione ad una privatizzazione che altro non farebbe che creare ulteriori squilibri di carattere sociale.
La sanità pubblica, per la povera gente è una cosa troppo seria e non può sbrigativamente essere risolta con la privatizzazione, proprio in un momento in cui nel nostro Paese la povertà ha da tempo toccato il ceto medio.
La verità è che nessuno ha il coraggio di trasformare in aziende quei carrozzoni politici (siano essi ospedali, ASL, enti pubblici, consorzi ed altro, che sono serviti a favorire l'assunzione di parenti e compari cui erogare stipendi senza alcuna contropartita in termini di rendimento.

mercoledì 24 settembre 2008

Sgarbi, Giammarinaro e i Salvo

E' un tiro a bersaglio che non lascia scampo. Non si salva Salemi, non si salva la Sicilia, non si salvano i nostri figli. Sgarbi, uno dei personaggi al tempo stesso più amato ed odiato d'Italia, è diventato sindaco di Salemi. Taluni giornalisti, dopo una breve pausa di riflessione, ora lo attaccano da ogni parte, perché nella terra dei Salvo e dei Giammarinaro non ci può essere "speranza", non ci può essere futuro. Non si è capaci di guardare avanti senza rivolgere la mente al passato, senza girarsi due, tre volte, mille volte, per vedere l'ombra dei Salvo che pesa come una cappa di piombo su questa terra.
Non so se Giammarinaro è un delinquente oppure un mafioso, ma so per averlo letto che pur accusato di grandi misfatti ha pagato con il carcere per poi essere pure assolto. Ma qui da noi e forse non solo qui, si è soliti dire che "u carvuni si un tingi, mascaria" ed allora, secondo questa logica, il buon Pino dovrebbe essere guardato con diffidenza da tutti. Condivido il concetto. Ma lui, tuttavia, è lì, amato dai suoi concittadini ancor più oggi che si ritrovano ad avere un sindaco che sta alterando i loro bioritmi, vivacizzando un dibattito nazionale su un territorio che dai tempi dei Salvo non ha più avuto alcun peso nel panorama politico, economico e culturale.
Per la miseria, in Italia abbiamo assistito, per un certo verso anche sbigottiti, al proliferare di una pletora di pentiti, alcuni sinceri, altri decisamente interessati, che comunque hanno consentito di aprire brecce importanti nella muraglia cinese che la mafia aveva costruito attorno ai propri loschi interessi. Secondo la logica del pentitismo e della riabilitazione, potremmo essere legittimati a pensare che Giammarinaro si possa essere ravveduto? (se colpevole dei misfatti ascrittigli). Mi spiego meglio: è possibile dare ai cittadini di Salemi la speranza che un giorno, grazie a Sgarbi, grazie alla destra o alla sinistra, possano riprendere il cammino della speranza in direzione di un futuro migliore?
Giorni fa, dal barbiere, sul settimanale "Chi" ho letto un articolo su Sgarbi e la sua esperienza siciliana, che mi ha indotto a scrivere al direttore di quel settimanale la seguente lettera:
Gentile Direttore,
mi riferisco all’articolo di Michele Giordano dal titolo “Vittorio sgarbi, io, dittatore di Salemi”, apparso sul settimanale “Chi” n.28 del 16 Luglio scorso, per segnalarLe il vezzo di taluni giornalisti di infarcire i propri articoli riguardanti questa terra martoriata dalla mafia, di slogan, luoghi comuni, volgarità, inesattezze, gratuite cattiverie e civetterie varie, spesso senza rendersi conto, preferisco credere così, che le parole pesano come un macigno.
Ebbene, con tutto il rispetto che posso nutrire per il suo giornalista e quindi per la professione che esercita (la mia è una famiglia con lunghe tradizioni tipografiche, editoriali e giornalistiche), le faccio notare che nell’articolo di cui parlo sono state commesse alcune gravi scorrettezze nei confronti della nostra cultura, del nostro essere, della nostra dignità.
Ritengo infatti totalmente gratuite le asserzioni contenute nel paragrafo che così recita: “Nella sua prima visita ufficiale con la fascia biancorossaverde, Sgarbi è assediato da nugoli di notabili locali, cittadini, bambini scalzi, vecchierelle, belle ragazze dal ruolo non ben definito, …”
I bambini scalzi, un tempo presenti nei quartieri poveri delle nostre città (così come in tutti gli ZEN di Milano, Roma, Palermo, Napoli, Torino …), non sono certamente alla corte di Sgarbi, né dietro le porte del Municipio di Salemi; il suo giornalista non può pertanto rappresentare gli scalzi, se mai li avesse visti, quale simbolo di una povertà o più che altro di un degrado culturale che non si addice a gente che questa povertà ed il conseguente malessere interiore, vive con estrema dignità ed orgoglio.
“Belle ragazze dal ruolo non ben definito” scrive ancora Giordano. Vuol fare forse intendere che le nostre figlie sono delle “puttanelle” in cerca dei “favori” del biondo sindaco?
Veda, gentile Direttore, Sgarbi certamente darà il proprio contributo al risveglio non solo culturale di una cittadina di estrema periferia, ricordata dalla storia cartacea, ma sopraffatta dall’oblio e la stampa potrebbe aiutarlo in questa sua azione, evitando di infarcire gli articoli di parole “pesanti”.
Ritengo che se Sgarbi fosse stato eletto sindaco di Grado, amena e ricca cittadina sull’Adriatico, il giornalista si sarebbe guardato bene dall’esprimere per le gradesi gli stessi pesanti giudizi, non perché più o meno puttanelle delle salemitane, ma perché Giordano ed altri come lui si occupano della Sicilia per luoghi comuni, per sentito dire o fors’anche per disprezzo della gente che ci vive, senza che minimamente li sfiori un sentimento di grande rispetto per milioni di cittadini onesti, sopraffatti da un fenomeno che, dallo sbarco dei garibaldini a Marsala (Cavour e l’unità d’Italia), degli americani a Licata (il generale di ferro George Smith Patton) e della nomenklatura romana a Palermo (massoneria, politica, imprenditoria), è sempre andato a braccetto con i potenti di turno, rendendo inutile il tentativo di riscatto ed impari una lotta spesso condotta fino all’estremo sacrificio.
Basta, per favore, con i luoghi comuni. Venite a viverci, come ha fatto Sgarbi, in questa splendida terra di luci, di colori, di odori, di sapori e di amore; solo così potrete ravvedervi e rendervi conto che le cose stanno in modo diverso. Totalmente diverso.
Svanhild Roald Vento

lunedì 22 settembre 2008

Il partito di gomma

Dove sono ipartiti tradizionali? Dov'è il dialogo?
E' tutto finito. Dimentica il passato ed abituati ad essere chiamato a dire la tua solo al momento di nuove elezioni. A quel punto e solo a quel punto, si accorgono che esisti, ovvero che sei un numero all'anagrafe di una determinata città.
Ma non ti scoraggiare, non demordere, continua a far politica secondo una tu a etica; continua a dialogare con i tuoi amici e a far conoscere il tuo pensiero di uomo libero da vincoli, lacci e lacciuoli che potrebbero condizionare la tua esistenza.
Vai avanti a testa bassa e non ti curar di quanti hanno scelto percorsi che poco hanno a che vedere con la democrazia, con la partecipazione, con la voglia di operare in sintonia con il gruppo. Diffida di chi esercità sul territorio l'autorità tipica del potentato di turno.
Niente più libera scelta dei candidati a livello di Camera e Senato e niente più, forse, libera scelta di candidati a livello europeo.
Ormai sono in pochi a stabilire chi rappresenterà il cittadino in questo o quel parlamento e la scelta, sicuramente, di volta in volta ricade su personaggi che hanno l'unico pregio di un totale asservimento al potere.
A questo punto, basterebbe che ci facessero votare soltanto per una coalizione od un'altra, per poi comunicarci, se lo vorranno, quali e quanti compari avranno mandato a rappresentarci; cum magno gaudio di tutti.
Un popolo che non riesce a reagire a questi eccessi di potere, chiamiamoli così, non è un popolo che merita le libertà che a parole e solo a parole invoca. E' un popolo che si merita di essere pian piano privato dei diritti più importanti, primo fra tutti quello dell'autodeterminazione.