martedì 28 dicembre 2010

La Grande Alleanza Democratica non serve

Articolo pubblicato da "Trapani OK" il 29.12.2010 a commento del pezzo di Vito Manca "La GAD per vincere in città" apparso su "Trapani OK" il 28.12.2010

Questo il pezzo di Vito Manca

La GAD per vincere in città
28/12/2010
Come si vincono le prossime elezioni comunali a Trapani? La domanda gira tra partiti, movimenti e singole personalità politiche. La risposta non è ancora arrivata. Ma buon esserci qualche idea. Si può vincere con una Grande Alleanza Democratica, necessariamente trasversale. Non c’è un solo partito unito in città. Si ritrovano sotto lo stesso simbolo espressioni, a volte alternative, in qualche caso inconciliabili. La GAD dovrebbe nascere da un programma di pochi punti. Un patto sottoscritto da chi la pensa realmente allo stesso modo. Il consenso deve misurarsi sul progetto e non sulle etichette politiche che spesso finiscono per essere delle inutili camicie di forza intellettuali. Ma per far nascere la GAD bisogna una dose massiccia di coraggio. Bisogna spezzare le catene dell’appartenenza ed avere la forza delle proprie idee, da condividere con gli altri.

Questo il mio pezzo

La Grande Alleanza Democratica non serve

Gentile Direttore, con riferimento all’articolo apparso oggi a Sua firma, in ordine a quella Grande Alleanza Democratica che potrebbe costituirsi per cercare di battere alle prossime amministrative l’attuale nomenklatura, ritengo che debba considerarsi non esaustivo al fine del perseguimento dell’obiettivo che la GAD si proporrebbe.
Al di là del credere o meno che una grande ammucchiata, solo perché tale, possa portare a vincere le elezioni, credo che il problema principale, per questo territorio, sia quello di individuare delle figure capaci di reggere il confronto con i Fazio o i D’Alì.
Il primo, “in uscita” per raggiunto limite di mandati, ha amministrato molto bene Trapani, pur se con i suoi limiti caratteriali.
Il secondo, profondo conoscitore del territorio e delle sue bellezze, è stato il “braccio armato” di Fazio nel reperimento di quei finanziamenti che alla fine hanno consentito al primo cittadino di trasformare la città, o almeno una parte di essa.
Fatte queste considerazioni, Lei ritiene realmente che questa grande ammucchiata possa servire a scardinare quella cassaforte che i due proteggono con il coltello fra i denti?
No, caro Manca, per questa città ci vuole un articolato progetto amministrativo che, passando attraverso ciò che di buono è stato sin qui fatto, sappia guardare anche oltre.
Intanto ci vorrebbe una condivisione più ampia del progetto complessivo di sviluppo del territorio, non limitata ai “due”, ma aperta sempre al confronto; Condivisione che sappia guardare alla piccola imprenditoria, all’occupazione, ai giovani, alla gente che soffre, investendo i nostri soldi non in regate fantasma che sono servite a sperperare denaro pubblico (solo la Louis Vuitton ci ha dato qualcosa, ma si parla del lontano 2005!), ma in progetti che guardino concretamente a un turismo di massa, non elitario, che qui da noi significa sia aeroporto e quindi Ryanair, che navi da crociera, pur se con presenze limitate al mordi e fuggi.
E su queste due realtà che bisogna investire, realizzando infrastrutture turistiche che, attraverso il rafforzamento del piccolo commercio, puntino sulle antiche tradizioni e sui prodotti locali. Puntino a promuovere itinerari turistici in un territorio provinciale costellato di bellezze incommensurabili. Puntino a progetti culturali che non passino necessariamente attraverso l’Ente Luglio Musicale Trapanese il cui farraginoso assetto, in questi ultimi anni, è servito soltanto e “distogliere” ingenti risorse.
Come ho avuto opportunità di dire in altre occasioni, Trapani ha bisogno di nuovi amministratori amati dalla gente, voluti dalla gente, proposti dalla gente, non calati dall’alto, o frutto di intrighi tra politica e massoneria.
Solo così ritengo che la nostra “Trapani” potrà vincere le prossime elezioni.
Le ammucchiate di gente avida di potere non servono a questa città.
Roald Vento

domenica 26 dicembre 2010

Lealtà sportiva

Chi non ha mai praticato una palestra o un campo sportivo; chi non ha avuto la fortuna di confrontare le proprie capacità con quelle degli altri; chi di conseguenza non conosce le regole e lo spirito che animano lo sport, non sa e non saprà mai cos’è la Lealtà Sportiva.
Qualche decennio addietro, un danaroso presidente di una prestigiosa società di calcio siciliana, ai cui giocatori si diceva mancasse l’amalgama, nel corso di una affollata conferenza stampa affermò con tono serio: “noi la compreremo”, pensando che con i soldi si potesse fare anche questo miracolo.
La cultura che il denaro può tutto e che con esso si possano “aggiustare” tante cose e si possa anche far tacere la gente, è un modello molto diffuso dalle nostre parti; anche fra taluni amministratori locali che maldestramente ritengono che quei pochi miseri spiccioli che la pubblica amministrazione eroga in favore del mondo dello sport, possano servire a soffocare la voce di dissenso nei loro confronti, per la scarsa sensibilità dimostrata in favore del volontariato sportivo.
Così, può succedere che se il Presidente del Coni di Trapani, si permette di stigmatizzare la scarsa sensibilità di molti enti locali sia in ordine ai contributi che allo stato dell’impiantistica sportiva, apriti cielo! Mugugni, musi storti, sorrisi di compiacenza e presa di distanza da quel blasfemo di Presidente che si permette di criticare “il Divino”, proprio nel momento in cui la recessione sta rodendo le fondamenta della nostra economia, rischiando di far saltare il sistema Italia.
Nulla da dire, su questo; è vero, il sistema è in difficoltà, ma dove è detto che a pagarne le spese debbano essere la Scuola, la Cultura, lo Sport, il Volontariato?
E dove è detto che bisogna subire passivamente il silenzio degli enti territoriali nei confronti di tanti dirigenti sportivi incapaci, da soli, di reggere l’urto di una crisi che sta mettendo in ginocchio l’intero mondo dello sport?
La nostra lealtà, patrimonio che trae origine dalla costante frequenza di ambienti sportivi, ci impone il rispetto delle regole, senza costringerci però al silenzio, quando queste sono interpretate talmente in maniera distorta, da mettere in crisi l’intero sistema del volontariato.
Buone feste a tutti.

venerdì 12 novembre 2010

Le politiche giovanili negli enti locali

Articolo apparso su "Coni News" mese di Novembre 2010

“Le politiche giovanili negli enti locali” è l'argomento che il nostro direttore Roald Vento, ha trattato nel corso dell'ultima conviviale del Panathlon Club di Trapani a cui, oltre ai numerosi soci, hanno partecipato anche Giuseppe Poma, Presidente del Consiglio Provinciale e Katia Bucaria e Giovanna Millocca, rispettivamente Presidenti dei Consigli comunali di Trapani ed Erice.
Quando si parla di politiche giovanili, ha affermato Vento, si guarda ad un sistema di interventi pubblici (Stato, Regione, Provincia, Comune) con la finalità di promuovere opportunità affinché i giovani, titolari di diritti comunitari, acquisiscano il ruolo di cittadini autonomi e consapevoli.
Vi si arriva garantendo una serie di percorsi chiari che mirino a cogliere importanti opportunità legate alle capacità, agli interessi, alle passioni, agli entusiasmi ed in particolare ai meriti dei giovani.
Per far ciò, è opportuno che ci sia un'azione formativa e orientativa nei confronti delle nuove generazioni, con la messa a disposizione di strumenti che garantiscano la piena e generalizzata fruibilità dei diritti. Ebbene, malgrado in questi ultimi anni il Ministero della Gioventù abbia attivato alcuni percorsi in favore dei ragazzi, stanziando diversi milioni per progetti mirati all'educazione, all'inclusione, alla democrazia ed alla partecipazione alla vita sociale, i nostri Enti locali hanno fatto ben poco per assicurare queste opportunità alle nostre giovani generazioni.
Qui di seguito le conclusioni della relazione di Vento:
“... In questo contesto di vuoto e di silenzio che li circonda, le nuove generazioni, purtroppo, devono lottare ogni giorno contro una miriade di fattori che rendono sempre più difficili le loro condizioni sociali.
Notiamo infatti un accentuato disagio, riconducibile alla mancanza di una classe politica dirigente capace di comprendere le loro ansie, le loro aspettative, le loro ambizioni. Le istituzioni appaiono ai giovani distanti ed incapaci di risolvere i problemi e tutto ciò porta ad una triste e drammatica decisione: il disinteresse alla vita politica quotidiana.
I giovani, quindi, non hanno più fiducia nella politica e nelle istituzioni, perché negli ultimi anni hanno ricevuto solo incertezze e precariato. Hanno rinunciato a credere negli ideali, quegli ideali che hanno accompagnato le generazioni precedenti (sia le nostre che quelle successive) e che hanno portato ad avere fiducia in se stessi. Per i giovani il luogo comune è che “i politici sono tutti ladri e corrotti” e vedono la politica come una cosa che non gli appartiene e che non va vissuta attivamente.
In verità, da sempre molti politici si ricordano di loro solo durante le campagne elettorali.
Però, attenzione, una cosa accomuna tutti i giovani, qualsiasi sia il ceto sociale dal quale provengono: è la sensibilità con la quale avvertono tutti i difetti di questa nostra società che oggi li costringe a vivere in famiglia molto più a lungo, perché per loro non c’è più la certezza di un lavoro stabile che vedono in un futuro sempre più lontano.
Loro, questi giovani, non sono né bamboccioni, né fannulloni, ma soltanto vittime predestinate di un sistema che ha rubato loro il futuro”.
Poma, Bucaria e Millocca, nei loro interventi, hanno definito forte e stimolante la denuncia di Vento, assicurando che si attiveranno per far sì che le politiche per una reale cittadinanza attiva e consapevole dei nostri giovani avranno un ulteriore impulso all'interno delle amministrazioni locali. Poma ha pure affermato che i competenti uffici provinciali hanno già attivato diverse iniziative in proposito, alle quali bisogna però dare maggior risalto. Bucaria ha proposto che la Provincia si faccia capofila di un progetto che veda i giovani trapanesi protagonisti nel territorio. Millocca ha invece assicurato che attiverà iniziative concrete in collaborazione con il Panathlon ed il Coni.

venerdì 29 ottobre 2010

Trapani - Si prepara la successione al sindaco Fazio

Qualche giorno fa ho lanciato un messaggio su Facebook, con il quale invitavo gli “Amici” a riflettere sull’opportunità che un po’ tutti si partecipasse al dibattito aperto sulla successione al sindaco Fazio.
Quale dibattito, qualcuno mi disse!
E qui sta il problema. In effetti non c’era e non c’è in corso alcun dibattito, tranne quello a quattrocchi fra i padroncini della città che qualche mese prima delle prossime comunali ci comunicheranno, loro grazia, il nome del prescelto.
E noi lo voteremo, lo eleggeremo, lo osanneremo, senza interessarci di capire se saprà essere all’altezza del compito. Se saprà essere un buon amministratore. Se saprà istaurare un buon rapporto con la sua gente.
Senza capire se dopo l’elezione farà il padre padrone della città, more solito, scordandosi dei partiti che l’hanno proposto e degli elettori che l’hanno votato.
Per evitare questi rischi, visto che al momento il dibattito non c’è, apriamolo noi. Cerchiamo di interessarci delle vicende della nostra terra, che è molto bella, molto di più di quanto ognuno di noi riesca ad amarla.
È una città che ha voglia di mettere a nudo il suo splendore, che ha voglia di competere alla pari con le più blasonate città del Mediterraneo.
Le sue bellezze, unite alle altrettanto belle dell’intero territorio provinciale, hanno bisogno che qualcuno finalmente le ami; le ami davvero e le faccia proprie, proponendole al mondo come meta di un turismo che non si lasci incantare solo dalla vela, dal vento, dal mare, ma un turismo che cerchi e trovi in questi luoghi da sogno tutte le emozioni che gli mancano in una quotidianità dominata dallo stress.
Trapani, dunque, luogo dove scoprire che i sapori del Mediterraneo sono più forti che altrove; dove ammirare tramonti mozza fiato; dove le bellezze architettoniche e paesaggistiche sanno di non temere confronti; dove l’azzurro del mare e i suoi profumi ti dispensano forti emozioni.
Trapani che con i suoi ristorantini, con le pasticcerie, con le gelaterie, è sempre pronta a prendere per la gola turisti esigenti.
Trapani con il suo Barocco, con il suo Liberty, con il suo stupendo centro storico, con la sua Colombaia, con le Egadi che l’abbracciano dal mare e con Erice che la domina dall’alto, pronta a proporsi ad un turismo culturale particolarmente numeroso ed esigente.
Questa Trapani dovrà essere costantemente vestita a festa, mai abbandonata a se stessa come fin troppo spesso appare.
Amare Trapani significa anche amare i suoi operatori commerciali, significa adoperarsi per favorire lo sviluppo, il commercio, l’industria, l’artigianato. Significa togliere lacci e lacciuoli che ancora condizionano l’avviamento di qualsivoglia attività imprenditoriale al servizio del territorio, dell’occupazione. Significa, in altre parole, essere dalla parte del cittadino e non averlo costantemente come controparte.
Significa che la politica, da destra a sinistra, debba smetterla di dividersi su tutto e ridurre le nostre città, le nostre istituzioni, i nostri enti e consorzi a luoghi di confronto/scontro politico che alla fine altro non produce che un danno enorme per le politiche di sviluppo, stimolate e frenate, alternativamente, dall’uno o dall’altro contendente.
Fino ad oggi abbiamo delegato ad occhi chiusi, abbiamo dato carta bianca ai politici di turno che però, pian piano, ci hanno tagliati fuori, escludendoci totalmente dalla partecipazione attiva al dibattito politico culturale di questa città.
Ritengo che sia giunto il momento di far capire che esistiamo ancora, che non abbiamo accettato il declassamento culturale e che abbiamo voglia di partecipare a costruire una città al passo con i tempi; una città senza padroni, in cui la mafia, la massoneria, le lobbies, gli intrallazzi, gli affaristi sanno di essere “non graditi”.
Una città ed un territorio che confidano nell’azione di Magistratura e Forze dell’ordine, ove ce ne fosse bisogno, per imporre il rispetto di regole e comportamenti fin troppo spesso oltre le righe.

Sport: disinteresse di Provincia e comuni del territorio

Si guarda ancora una volta con rinnovata fiducia ed aspettativa all’inizio della lunga stagione dei campionati a cui sono iscritte numerose società del trapanese, nelle diverse discipline sportive. Numerose e determinate, malgrado alcuni comuni, quello di Trapani in particolare, abbiano deciso di sostenere solo talune squadre maggiori, disinteressandosi totalmente del resto delle società sportive del territorio che non hanno percepito nemmeno un centesimo per l’interessante attività sportiva svolta nell’anno 2009. Attività che ha visto coinvolti migliaia di giovani atleti che soltanto attraverso la nobile azione del volontariato sportivo riescono ad appagare la loro esigenza di movimento, la loro voglia di correre, di giocare, di confrontarsi, di rapportarsi, di vincere, di perdere, di gioire e di soffrire.
Anche la Provincia Regionale di Trapani, insensibile a questa realtà, con una scelta che riteniamo “stravagante”, ha deciso di escludere dai contributi 2009 tutte le società facenti capo ad alcune federazioni sportive (!!!), cancellandole così, inspiegabilmente, dai propri archivi.
Di conseguenza, il giudizio che esprimiamo per questi Enti, relativamente all’attenzione riservata al movimento sportivo, è di totale “fallimento”. Come fallimentare giudichiamo l’azione di alcuni assessori che a parole dichiarano sensibilità verso i giovani e verso il volontariato sportivo e che poi, nei fatti, si limitano a “presenze” d’occasione e nient’altro.
Da questa scarsa sensibilità scaturisce che la nostra città, un tempo dotata di un’impiantistica sportiva che faceva invidia un po’ a tutti, oggi deve fare i conti con le associazioni sportive che non riescono a trovare adeguati spazi dove svolgere allenamenti e partite di campionato.
E' in questo clima che riprendono i campionati, e agli atleti, ai tecnici ed ai dirigenti, la cui aspirazione è sempre quella di “vincere”, rivolgiamo l’augurio più caloroso affinché i loro sforzi, sia sul piano fisico e tecnico, oltre che finanziario, siano compensati da risultati esaltanti, nella coerente consapevolezza, tuttavia, che non sempre e non tutti possono vincere.
Vero che l’importante è partecipare, ma è altrettanto vero che bisogna arrivare preparati al confronto con avversari che vivono le stesse emozioni, le stesse ansie e la stessa voglia di vincere. L’auspicio, dunque, è che la nuova stagione di gare riservi loro tante soddisfazioni.
Un augurio di buon lavoro Coni News rivolge anche a migliaia di studenti che da circa un mese sono fra i banchi di scuola, sollecitandoli a dedicarsi con impegno e determinazione allo studio, per cercare di costruire un futuro che qui da noi non ha prospettive felici. Loro, ancora non si rendono conto che fra un po’ d’anni saranno i protagonisti della vita socio culturale, imprenditoriale e politica di questa terra e che quindi hanno dei doveri, verso se stessi e verso gli altri; doveri che debbono stimolarli ad arrivare puntuali e preparati a questo importante appuntamento con la storia.

venerdì 15 ottobre 2010

Non sono un ex di nessuno

Questa è una lettera inviata al direttore del periodico "Monitor" che in un editoriale dal titolo "Il partito dei reduci" mi indicava, assieme ad altri pochi amici, fra gli ex del Sen. Antonio D'Alì. Nell'editoriale si diceva pure che "questi, qualora decidessero di scendere in campo, formerebbero una squadra di tutto rispetto"
Monitor ha pubblicato questa lettera nel n.30 del 15 Ottobre 2010

Gentile Direttore,
mi riferisco a “Il partito dei reduci”, titolo dell’editoriale apparso sul n.29 del Suo giornale, in cui, fra gli altri, mi cita quale ex del Senatore D’Alì.
Vorrei, al fine di una cattiva interpretazione di cose e di fatti, esporLe alcune considerazioni in proposito.
La mia lunga stagione politica al fianco del Sen. D’Alì, ha “subito” una pausa di riflessione quando qualche anno addietro, a seguito delle ricorrenti “incomprensioni” tra lo stesso, l’On. Adamo e l’On. Maurici, alcuni uomini di partito furono costretti a fare i conti con la “sporca” regola politica “o sei con me, o contro di me”.
Fu quello il tempo delle epurazioni e, cosa ancora più grave, della triste vicenda che vide il Sindaco Fazio e l’allora Presidente della SAU Vito Dolce, rivendicare loro “diritti” e “verità” nelle aule dei tribunali, con registrazioni sconcertanti che vennero alla luce. Io, allora, fui chiamato come persona a conoscenza dei fatti, a rispondere per circa quattro ore agli “interrogativi” degli inquirenti.
Il clima, gentile Direttore, non era di guerra fredda, ma di una guerra al massacro che lasciò “ferite” che difficilmente il tempo cancellerà.
Malgrado tutto, io cercai di continuare la mia azione all’interno del Partito, attivandomi con l’amico Francesco Briale, nel tentativo di “ricostruzione” di un giocattolo i cui ingranaggi erano dispersi in tutta la provincia.
Niente da fare! Il gioco al massacro fra i due leader era tale da travolgere anche chi stava vicino e qualunque tentativo di ricucitura finiva sempre in un cul de sac.
D’Alì e la Adamo continuarono a tormentare la vita del partito e a molti non rimase altro da fare che un passo indietro. Conseguentemente, al potere, nei sottogoverni locali, negli assessorati della provincia, andarono soltanto yes man, ovvero uomini capaci soltanto di dire “sì” al padrone di turno; così come oggi è richiesto ai parlamentari nazionali, beneficiari e al tempo stesso schiavi di una legge elettorale che li sottomette al volere di quei leader che hanno il potere di riconfermarli o meno nel prestigioso incarico.
Sono un ex di D’Alì? Assolutamente no! Sono certamente un ex di Forza Italia, un ex del Popolo della Libertà, un ex di questa politica balorda che ogni giorno di più mette gli uni contro gli altri, come se per ognuno di noi si trattasse di una guerra personale e non di un impegno politico al servizio della collettività. D’Alì, per quanto mi riguarda, ha lavorato bene per questa città, di altro non voglio parlare.
Oggi mi sento un ex ed un “ravveduto” per via delle mortificanti vicende politiche nazionali che danno sempre più un quadro del degrado in cui, con i nostri silenzi, abbiamo consentito che si facessero leggi ad personam; che si tutelassero personaggi plurinquisiti; che si nominassero Ministri per sottrarli alla giustizia; che si pensasse a “processi brevi” e lodi vari per tutelare non il cittadino ma altro; che si imbastissero dossier per mettere in silenzio il “dissenso”. E poi le escort e i balletti rosa! Che vergogna!
Sì, sono un ex, perché quando Berlusconi nel 1994 scese in campo, si era al tempo di mani pulite, l’entusiasmo popolare di milioni di italiani travolse anche me, inconsapevole, genuina pedina di un progetto di potere che oggi mostra tutte le sue negatività.
Ma perché ex di D’Alì? Per colpa di Giulia Adamo? Di Peppone Maurici? Di Mimmo Fazio? O di qualche gentildonna che da Roma ama occuparsi della politica locale? Sono un ex e basta!
Lei parla di un “partito dei reduci” No, assolutamente no! Ma non posso smentire che non ho mai smesso di partecipare al dibattito socio culturale e politico di questa provincia, anche se qualcuno pensa di aver tagliato l’acqua.
Come Lei dice, gentile Direttore, il tam tam viaggia sulla rete, come sulla rete viaggia il tam tam di Peppe Grillo. Attenzione, nessun collegamento, ma solo per far capire che si è in molti; molti ma molti di più di quanto si possa immaginare.
La gente è stanca di questo modo di far politica, a destra e a sinistra. E’ stanca di doversi costantemente “schierare”. I nostri giovani stanno crescendo sull’onda del berlusconismo o dell’antiberlusconismo. Riteniamo che questa sia una cosa seria, o un fatto che imbarbarisce noi e la nostra politica?
I giovani cercano certezze che oggi non hanno; cercano di dare una svolta alla loro vita, ma il territorio che li ha visti nascere non sa offrire altro che le braccia aperte all’infinito di una famiglia che non si rassegna alla disperazione dei figli, costretti a cercare altrove la loro serenità.
Lotto per questo; lotto anche per i miei figli, perché siano finalmente orgogliosi di vivere in una terra che dia loro le stesse opportunità che hanno i coetanei di quel nord opulento che ha fatto le sue fortune anche sulla nostra pelle: con i nostri migranti, con i nostri cervelli esportati, con la nostra povertà, con i nostri politici corrotti e conniventi, con una Cassa del Mezzogiorno fasulla e asservita al potere centrale che ha elargito miliardi a personaggi e aziende che al territorio hanno lasciato poco o nulla.
Vogliamo continuare così?

martedì 24 agosto 2010

Prepariamoci ad una nuova tornata elettorale

"Organizziamoci sul territorio", è l'invito del PDL lanciato ai "fedeli" del partito per coinvolgere più gente possibile e tentare così di superare indenne anche questo ormai probabile ritorno anticipato alle urne.Certo ci vuole una bella faccia tosta a lanciare questo appello, quando in precedenza, per logiche egocentriche, si era cancellato tutto e tutti, affidando il territorio al gerarca di turno, con poteri illimitati.Forse si sono accorti, con sorpresa (!) che la classe politica dirigente del partito, quella della prima e della seconda ora, è stata in questi ultimi anni totalmente estromessa dalla partecipazione attiva al dibattito politico? O si sono resi conto, un po' in ritardo, che in molti hanno fatto un passo indietro perché non più disponibili a svolgere il ruolo di stupide ed inconsapevoli pedine, utili esclusivamente alle strategie di un Sakharov della politica, pronto a sacrificarle su una scacchiera in cui diagonali, verticali e orizzontali altro non rappresentano che il crovevia di interessi di cordata, di caste, di malfattori, di arrivisti?Così, alla luce degli eventi che turbano il sonno del capo, oggi i vertici del PDL avvertono il bisogno e la voglia di aprire il partito (definito libero e liberale, la casa comune di idee in cui gli italiani avrebbero dovuto riconoscersi), per far vedere quanta democrazia esista al suo interno - caso Fini docet.Avvertono il bisogno di cooptare nuovi idioti, come lo fui io, pronti a scendere in piazza, con i gazebo, a difendere valori ed ideali che oggi, rielaborati a misura d'uomo, non sono più proponibili alla gente ber bene.Infatti, i continui attacchi alla magistratura e alla giustizia, il processo breve, il sistema elettorale, il legittimo impedimento, la nomina di nuovi ministri finalizzata a porli al riparo dai processi, la sconsiderata tutela o ala protettiva offerta ad uomini di partito plurinquisiti, altro non rappresentano che una caduta di stile, chiamiamola così, che molti cittadini, credo milioni, non sono più disposti a tollerare.Ritengo sia giunto il momento di "pentirsi" e di uscire allo scoperto con la stessa dignità e onestà intellettuale con la quale, agli inizi del 1994, ci si lasciava coccolare da un leader che a quel tempo non aveva ancora perduto i freni inibitori e non era stato inebriato dai fumi del potere.Bisogna avere il coraggio di reagire e di lanciare un messaggio molto forte un po' a tutti, da costa a costa: non siamo più disponibili a rilasciare deleghe in bianco, a Roma come a Trapani. Vogliamo essere artefici e protagonisti del nostro futuro, per noi e per i nostri figli, oggi mortificati da una politica che li ha emarginati e ridotti al ruolo di "fannulloni". Venga in Sicilia questo ministro dei fannulloni, per cercare di capire quanto soffrano questi giovani senza futuro e senza speranza e quanta tristezza ci sia nelle loro famiglie!Mi chiedo infine: i gerarchi che in questi ultimi anni in nome del partito hanno governato i territori, da Trieste a Trapani, non sono più capaci di assicurare ai capi una ulteriore campagna elettorale vincente? O forse sono rimasti soli, comandanti di se stessi, marionette consapevoli di un puparo che li domina con la prospettiva di assicurar loro un comodo scranno alla Camera o al Senato?E' troppo triste pensare che siamo arrivati al capolinea. Quanti sogni, quanti entusiasmi; quanta rabbia per averci ingenuamente creduto!
Roald Vento

venerdì 30 luglio 2010

La democrazia perduta

Un giorno, nel corso di una manifestazione politica a Palermo, una bandiera di Alleanza Nazionale mi sventolò sul viso e pensai a mio padre, lassù, antifascista doc, che a soli 18 anni fu inviato al confino di polizia in un paesino dell'Aspromonte, dove poi nacqui. Quella bandiera, pur se facente parte della Casa della Libertà in cui militavo, mi dava fastidio. Molto fastidio.
Oggi, tuttavia, seguita attentamente la vicenda Fini/Berlusconi, è l’arroganza di quest’ultimo a darmi più fastidio. La sua protervia e il servilismo di tanta gente che sta ai suoi piedi, senza parola, senza potere alcuno, senza dignità e mortificata nel proprio essere, pur di conservare il diritto vergognoso di un “posto al sole”, alla Camera o al Senato. Per grazia ricevuta.
Un meccanismo elettorale che ha messo in trappola i cittadini, non più garantiti da nessuno, ormai incapaci di reagire e di portare la loro voce nei luoghi sempre più bui del potere politico e non solo.
E noi che facciamo? Silenzio. Solo silenzio.
Io ho preso le distanze da questo sistema che non mi convince più.
Lo sport e la passione per la carta stampata mi tengono abbastanza impegnato ed al riparo da certe vergogne quotidiane.
Mio padre, nel 1938, in pieno regime, stampò dei volantini clandestini in cui era scritto “chi ha una lama l’affili, chi ha un’arma la tenga sempre pronta”.
Oggi vorrei fare mio quest’invito al popolo (delle libertà perdute), ma i tempi sono altri e le contestazioni sono sconsigliate dai medici di famiglia.

venerdì 2 aprile 2010

Svanhild Roald Vento nato 15.07.1944

Nel 1938 il padre Antonio, a soli diciotto anni, viene inviato al confino di polizia a Gioiosa Ionica (un paesino incastonato sull’Aspromonte), perché ritenuto pericoloso a causa della sua propaganda antifascista, realizzata attraverso la stampa e diffusione di volantini clandestini in cui stimolava i concittadini alla rivolta per l’affrancamento dal regime del tempo che conculcava i diritti fondamentali. Il nome Svanhild Roald da lui imposto al figlio, è stata una ulteriore sfida al fascismo che a quel tempo vietava agli italiani di usare nomi stranieri.
Nasce forse dalla difficoltà a pronunciare il nome Svanhild Roald che in famiglia iniziano a chiamarlo Lilli.
Il piccolo Roald vive i suoi primi anni fra la Sicilia e la Calabria, poi nel 1947 la famiglia si stabilisce definitivamente a Trapani, dove lui compie tutti gli studi, alternandoli ad una intensa attività sportiva che lo vedrà protagonista in diverse discipline.
Nel basket gioca anche in serie A con la storica Rosmini Erice. Nell’atletica leggera (lancio del disco) conquista il titolo di campione provinciale ai campionati studenteschi ed il quarto posto alle finali interregionali di Palermo (Sicilia-Calabria). Nella corsa campestre ottiene ottimi risultati nelle diverse gare provinciali, qualificandosi per la finale nazionale juniores che si svolse a Loreto nel 1961. Nel calcio gioca con la Juvenilia e nel 1962 viene selezionato dall’A.S. Trapani per un provino. Ma è il basket che gli darà le maggiori soddisfazioni e che gli consentirà di giocare, fino ad età avanzata, su tutti i campi d’Italia.
Dopo il diploma conseguito al Liceo Scientifico di Trapani, si iscrive in Giurisprudenza a Palermo e nello stesso tempo frequenta (tutto fare, operaio incluso) la STET (Stabilimento Tipografico Editoriale) di proprietà del padre, che a quel tempo aveva fondato il giornale “Panorama del trapanese” che stampava assieme al “Trapani Sera” del fratello Pietro Vento e “Trapani Nuova” dell’On. Nino Montanti.
Quell’esperienza, trascorsa fra giornalisti ed uomini di cultura, tra linotype e macchine da stampa, fa nascere in Roald uno sviscerato amore per l’editoria.
Nel 1970 una “opportunità” gli consente di essere assunto alla Cassa di Risparmio per le Province Siciliane, dove riesce subito ad imporre la sua forte personalità.
Nel 1981/82 viene inviato in missione a Bruxelles; lì acquisisce nuove esperienze nel campo delle operazioni commerciali e finanziarie con l’estero, operando all’interno della Caisse Générale d’Epargne e della City Bank. Rientrato a Trapani, viene posto a capo del Servizio Estero e chiamato a Palermo a fare da docente ai corsi di formazione che la sua banca organizzava a quel tempo per i propri impiegati e funzionari.
L’estrema politicizzazione del Consiglio di Amministrazione della Sicilcassa che indirizzava e condizionava tutti gli avanzamenti di carriera del personale, lo costringe ad avviare una lunga vertenza giudiziaria per ottenere il riconoscimento del grado di funzionario che arriva dopo una causa durata 14 anni e dopo aver superato, sempre vincente, tutti e tre i gradi di giudizio, fino in Cassazione. La banca, soccombente, fu costretta a risarcirlo con diverse centinaia di milioni.
Nel 1996, con soli 25 anni di servizio, Vento si dimette e dà libero sfogo alla sua passione editoriale e giornalistica che nel frattempo non aveva abbandonato.
Intanto il suo amore per lo sport ed il basket in particolare, lo avevano visto protagonista nella straordinaria epopea della Pallacanestro Trapani (siamo negli anni ottanta) che nel volgere di poche stagioni gioca prima in A2 e poi in A1. A quel tempo fonda e dirige il giornale “Ciuff” che viene distribuito gratuitamente ad ogni gara casalinga.
Poi, agli inizi degli anni novanta, fonda e dirige anche il giornale “Coni News”, organo di cultura e sport del Comitato Provinciale Coni di Trapani, oggi giunto al 19° anno di vita; anch’esso distribuito gratuitamente.
Nel 2005 riprende le pubblicazioni del giornale di famiglia “Panorama del trapanese”, dandogli una impronta culturale molto apprezzata dai lettori. Però, la scarsa presenza di pubblicità e di sponsor, lo costringe nel 2007 a rinunciare all’iniziativa, per evitare di accumulare perdite eccessive.
Dal 2009, dirige anche il giornale “Panathleti trapanesi”, organo dei soci del Panathlon Club di Trapani, a cui dà una nuova veste grafica.
Una interessante parentesi politica della sua vita (dopo brevi esperienze giovanili nel Partito Repubblicano Italiano), la vive intensamente negli anni novanta, quando Silvio Berlusconi decide di scendere in campo con Forza Italia per occupare uno spazio politico lasciato vacante dalla scomparsa di diversi partiti del tempo, incappati nella mannaia di “mani pulite”.
Coinvolto emotivamente da questa novità, collabora molto da vicino l’allora giovane Antonio D’Alì, candidato al Senato per Forza Italia, di cui coordina le prime campagne elettorali e con cui instaura un simpatico rapporto di collaborazione e di amicizia. Per lunghi anni è impegnato nella segreteria provinciale del nuovo partito in cui riveste diverse sfere di responsabilità.
Nominato assessore nella prima Giunta del neo eletto Sindaco di Trapani Mimmo Fazio, ottiene la delega all’Organizzazione, al Personale e all’Ecologia e Ambiente, distinguendosi per tutta una serie di iniziative e di aspetti innovativi.
Il nuovo incarico politico, tuttavia, lo costringe a rassegnare le dimissioni da Presidente di uno dei più antichi e prestigiosi gruppi folklorici d’Italia, il “Coro delle Egadi”, a cui ha dedicato gran parte del proprio tempo libero, lasciando un segno forte del suo passaggio: la stampa di un prezioso volume che ne ripercorre la storia dal 1934 al duemila.
Oggi Roald Vento (sposato con Marcella Papa, padre di Yvonne e Roberta, nonno di Elena e Ugo), “svaporato” il suo entusiasmo politico a causa della non condivisione delle poco edificanti vicende locali e nazionali registratesi negli ultimi anni, dedica il proprio tempo libero alla famiglia, al giornalismo ed allo sport, anche attraverso la sua intensa collaborazione con il Coni di cui è dirigente.

giovedì 11 marzo 2010

Signori si scende, siamo al capolinea

Può sembrare inverosimile, ma è accaduto realmente in questi giorni a Roma, la capitale più bella ed amata al mondo. Un’impiegata e un custode del Ministero dei Beni Culturali che ha in gestione il Pantheon, alle ore 18 in punto hanno sospeso un concerto di musica classica, a pochi minuti dalla fine dell’esibizione, perché “di domenica il Pantheon chiude alle 18”. Sbigottimento, incredulità, proteste. Nulla da fare, tutti a casa. Artisti e spettatori mestamente escono di scena.
Ho visto il video di questa brutta vicenda e vi assicuro di essere rimasto sconvolto non solo per il gesto dei due dipendenti, ma per le considerazioni che intanto mi frullavano per la mente.
Ma chi e cosa può autorizzare un impiegato ad assumere un atteggiamento così arrogante e irrispettoso nei confronti di tante gente? Ma siamo tutti esauriti o impazziti? Abbiamo forse perduto i freni inibitori?
No! Stiamo semplicemente emulando l’arroganza comportamentale di quanti dovrebbero esserci d’esempio.
Siamo al dunque. L’Italia sta pian piano sprofondando nelle tenebre; quelle tenebre che nei lontani anni novanta del secolo scorso erano state illuminate da alcuni magistrati che ci avevano fatto capire come funzionavano le cose. Come venivano assegnati gli appalti, come venivano distratti i soldi dei contribuenti, come venivano illecitamente accumulate enormi ricchezze, come, in altre parole, con la scusa del finanziamento ai partiti, si sfasciò uno Stato; si sfasciò l’Inps; si sfasciarono i conti pubblici; si sfasciarono i sogni di un futuro sereno di tante famiglie italiane che da quel momento hanno cominciato a guardare al loro domani con una tristezza ed una insicurezza che ne stanno ancora oggi condizionando umori e comportamenti.
E la storia si ripete, se mai si fosse fermata. Infatti, gli scandali a catena venuti alla luce in questi ultimi tempi, hanno sistematicamente rivelato a quale scadimento morale si può giungere per la bramosia del denaro e del potere.
Le cronache di oggi non lasciano spazio ad interpretazione di sorta; l’arroganza, il senso di impunità, la ricerca di un facile e rapido arricchimento, immorali festini e tante altre vergogne, sono gli unici esempi che quotidianamente sono capaci di darci nostri governanti, i loro adepti, la loro cerchia di yes man.
Così, sono questi i modelli di vita che oggi si cerca di emulare, perché la moralità, la solidarietà, il rispetto della cosa altrui, l’etica e il fair play, non albergano più nel DNA che regola i nostri comportamenti.
Liberi da vincoli e da condizionamenti etici, ci lasciamo guidare dagli egoismi, dagli interessi personali e da un istinto che rifiutando l’uso della ragione ci rende simili agli animali.
Signori, sono le diciotto, si prega di uscire, il Pantheon chiude. Ce ne frega poco di cosa ne pensiate Voi. Lì fuori si stanno rubando l’Italia e anche i soldi dei nostri straordinari.
Siamo al capolinea, la corsa è finita, si scende.

domenica 31 gennaio 2010

I nostri figli non sono degli impenitenti fannulloni

Caro Brunetta, anche Padoa Schioppa, dopo aver mortificato milioni di giovani italiani costretti a vivere in famiglia perché privi di alcun reddito, ritrattò quanto detto sui “bamboccioni” affermando di essere stato frainteso. Lei, per giustificare il suo assunto sulla teoria dei giovani mammoni, usa ricorrentemente sbandierare a destra e a manca la sua umile provenienza. Le piace pure ricordare che da piccolo accompagnava suo padre per strada, a vendere con la bancarella.
Veda, caro Ministro, lei non ha fatto nulla di diverso dai milioni di figli di idraulici, elettricisti, muratori, macellai, imbianchini, venditori ambulanti ..... che con molta naturalezza hanno prima seguito le orme del padre e poi, se bravi e fortunati, divenuti affermati professionisti. Laureati.
La smetta quindi di mistificare i fatti e si adoperi affinché ai nostri figli, vengano offerte le stesse opportunità che avete avuto voi quando la politica portò il debito pubblico italiano a limiti insostenibili. Quando le Università si aprivano e non si chiudevano! Quando gli enti pubblici e le aziende assumevano e non licenziavano! Quando la politica sistemava migliaia e migliaia di dirigenti ed impiegati in organismi creati ad hoc per amici e parenti! Quando con i soldi rubati allo Stato si mantenevano eserciti di disoccupati attivisti di partiti e sindacati!
Certo, oggi ci siamo resi conto che tutto ciò non è più possibile e che bisogna risparmiare, cominciando da da quei giovani che da impenitenti parolai continuate a definire bamboccioni.
Ma la politica e i partiti si sono guardati bene attorno? Si sono chiesti con chi si accompagnano? Qual’è il loro ruolo? Lo capite che dovreste abbassare gli occhi per la vergogna al cospetto di tante laboriose ed oneste famiglie che soffrono e piangono in silenzio per la loro solitudine! Per i loro figli senza futuro!

martedì 5 gennaio 2010

Tristezza infinita

Pubblicato su "Coni News" - Luglio 2009
"Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande". Sono parole del giudice Giovanni Falcone, pronunciate prima di quel tremendo 23 Maggio 1992 che a Capaci diede vita alla stagione delle stragi.
Oggi Trapani, la Sicilia, l’Italia intera, rivivono quel ricordo perché a un servitore dello Stato, uno degli uomini migliori che la Polizia esprime nel nostro territorio, è stato indirizzato un orribile messaggio intimidatorio.
Il mondo dello sport trapanese che sulle regole, sul rispetto dell’avversario, sul fair play e sulla lotta alla droga ed alle sostanze dopanti ha sempre impostato i propri modi comportamentali, oggi guarda con sgomento ed infinita tristezza a questo proditorio attacco ad un uomo che ormai da anni dedica le sue migliori energie alla lotta alla mafia, agli affari malavitosi, al malcostume sempre più imperante.
Giuseppe Linares, gli uomini della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Magistratura, sanno perfettamente che la stragrande maggioranza della popolazione, quella onesta, sana e laboriosa, sta con loro, dalla loro parte; sta con chi, con grande sprezzo del pericolo, opera quotidianamente per renderci più liberi; opera per restituirci quegli spazi che altri, dalla mafia alla politica, dalla massoneria deviata alle lobbies, impropriamente occupano.
La solidarietà è un gioco di squadra e noi, oggi, la esprimiamo coralmente in favore di chi “non è solo” e “non sta facendo un gioco troppo grande”. Linares è infatti uno di noi e il rispetto delle regole è nel DNA del suo essere.

Ai politici dico "ravvedetevi"

Articolo pubblicato su "Coni News" edizione Dicembre 2009
L’influenza è pericolosa? Il vaccino è sicuro? Le leggi sono ad personam? La politica è credibile? Lombardo è un buon governatore? Hanno ragione i lealisti o Micciché e Fini? Ha ragione Tranchida o la banda Bassotti? La crisi è alle spalle o dovremo ancora piangere lacrime di sangue? La mondezza di Fazio è più pulita di quella di Tranchida? Il problema è una grande città o grandi uomini? L’Autorità Portuale è di destra o di sinistra? Ha ragione Di Pietro o Berlusconi? Hanno ragione Santoro e Travaglio o Vespa e Fede? Cuffaro e dell’Utri o i pentiti? E la Banca del Sud sarà una nuova Banca o somiglierà al Banco di Sicilia? O meglio ancora alla vecchia Cassa di Risparmio? E i soldi, come e a chi li daranno? Con quali garanzie, considerato che si tratta di una banca privata?
Sono sincero, non so dare una sola risposta seria, equilibrata, supportata a questi quesiti e mi chiedo se ci sia in giro qualcuno capace di farlo. La politica non certamente. è assente, chiusa in se stessa, autoreferenziata. Esiste solo in televisione, dove compaiono esclusivamente i capi e i compari; di destra, di centro, di sinistra.
Gli odierni partiti si possono simboleggiare come una piramide capovolta, senza base, in cui il vertice basso non riesce a reggere l’equilibrio, rendendola traballante, pronta a crollare al primo alito di vento che, prima o poi, spazzerà via ogni cosa. Con buona pace dei tanti yes-man che al momento pascolano all’interno dei partiti che per grazia divina li hanno “prescelti”, facendoli assurgere a ruoli spesso al di sopra delle loro reali capacità.
Questa è la nostra classe politica, distante anni luce dalla gente. Nessuna sezione, nessuna segreteria, nessun coordinamento. Al Centro comanda Silvio, al Nord Umberto, in Emilia Massimo, al Sud Raffaele; in ogni provincia un Gerarca che li rappresenta e che si guarda bene dall’aver contatto con la base, con la gente. Perché lui la base, la gente, le domina, le controlla, le imbonisce.
Questo stato di incertezza e di incomprensione delle diverse dinamiche, pone il cittadino in uno stato di angoscia che si traduce in mal di vivere, costretto com’è a subire passivamente ogni cosa, incapace di analizzarla, di tradurla, di farla sua, di metabolizzarla. Si sveglia al mattino con le TV che fanno la conta dei morti della nuova influenza e poi, via via, Brunetta, Gelmini, Tremonti, Di Pietro, Bersani, Rutelli e Casini ... casini a mai finire, tutto il santo giorno, senza pace, senza pietà per nessuno. Un giorno Papa Wojtyla inviò agli scienziati riuniti ad Erice il seguente messaggio “Come al tempo delle lance e delle spade, anche ora, nell’ora dei missili, a uccidere prima delle armi è il cuore dell’uomo”. Una verità inconfutabile.
Il mondo dello sport attraversa anch’esso questo mal di vivere. Abbandonato a se stesso, senza riferimenti in alcuna classe politico amministrativa, soffre di un malessere generale che sta portando migliaia di dirigenti sportivi ad analizzare criticamente il senso del proprio impegno, del proprio quotidiano sacrificio. La tragica carenza di impianti sportivi, l’assenza di sponsor e il silenzio assoluto degli Enti locali, fin troppo spesso nella veste di veri e propri vessatori (fidejussioni, canoni locativi, luce, acqua, gas, custodia), stanno mettendo con le spalle al muro numerose associazioni sportive che con la loro azione sottraggono all’ozio, alla pigrizia, all’alcol e alla droga molte migliaia di giovani.
Sottovalutare quest’impegno è un fatto assai grave, la cui responsabilità ricadrà esclusivamente su quegli amministratori che facendo finta di non capire e di non vedere, continueranno a privilegiare interessi di cordata, comparate e sagre paesane. Continueranno a sponsorizzare amici e parenti, incuranti del significato che per i nostri giovani assume il rapporto privilegiato con lo Sport, con la palestra, con un salutare modo di vivere.
Malgrado questo quadro a tinte fosche, ai giovani, alle loro famiglie, ai dirigenti sportivi ed a quanti credono nei valori dello Sport, auguro un Santo Natale ed un prospero e felice nuovo anno.
Ai politici, invece, dico cosa avrebbe detto loro il Papa polacco: “ravvedetevi”.
Roald Vento