giovedì 8 dicembre 2011

Lacrime e sangue

Articolo pubblicato sul periodico Coni News del mese di Settembre 2011

Riprendiamo la pubblicazione dopo una forzata pausa legata esclusivamente alla mancanza di risorse finanziarie per far fronte ai costi di stampa e spedizione che seppur non ingenti debbono pur sempre essere recuperati da un giornale che per scelta non ha inserzioni pubblicitarie e viene distribuito gratuitamente.
E i tempi non sono certamente i migliori per sperare che le cose cambino, visto il tono dell’attuale dibattito sulla finanza pubblica, costretta a rivedere i propri “vizi”, pur senza averne fatto mai ammenda.
Così, carta stampata e telegiornali quotidianamente ci fanno l’elenco dei tagli che vengono operati sui trasferimenti agli enti locali, o dei meccanismi che porteranno le donne a lavorare ben oltre la soglia massima di sopravvivenza, al fine di ritardare sine die quelle liquidazioni che pare rappresentino il buco nero più pericoloso del bilancio dello Stato.
Non mi meraviglia affatto che non si parli assolutamente, almeno da parte di chi ci governa, di contenere gli sprechi di una pubblica amministrazione che non vuole assolutamente rinunciare ai propri privilegi che sono talmente tanti e di multiforme ingegno creativo, da offendere la dignità di quanti si dannano quotidianamente per guadagnare quel tozzo di pane, sempre più piccolo e duro, che consentirà la loro sopravvivere. Perché di sopravvivenza si parla per molti lavoratori.
Eppure i fiumi di denaro che scorrono e che quotidianamente impinguano i conti italiani ed esteri dei malfattori di regime, sono talmente tanti da far riflettere sulla sufficienza con cui gli organi di controllo affrontano il fenomeno. Forse un giorno, spero non molto lontano, si riuscirà a perquisire i salotti della casta ed allora potranno venir fuori vicende come quella che nel settembre del 1993 registrarono l’arresto di Duilio Poggiolini che fu trovato con le mani nel sacco, quello della sanità e dei farmaci in particolare. All'atto dell'arresto vennero sequestrati oltre 15 miliardi di lire su un conto svizzero intestato alla moglie; inoltre nella casa di Napoli della coppia vennero trovati diversi miliardi in lingotti d'oro, gioielli, dipinti e monete antiche e moderne (fra cui rubli d'oro dello zar Nicola II e krugerrand sudafricani). Che bella storia! Ve la ricordate, o l’avete rimossa dalla memoria?
Eppure le recenti immagini televisive di cassaforti gigantesche piene di banconote “forti”, spendibili facilmente in tutto il mondo, dovrebbero farci riflettere su quanto marciume ci sia nell’indole dell’uomo potente che si ritiene al di sopra di tutto, delle regole e delle leggi.
Uomini che hanno fatto le rivoluzioni per restituire dignità e giustizia al loro popolo e che poi, in nome del potere e del vile denaro, si trasformano in spietati aguzzini; vedi Gheddafi, Castro e tanti altri in giro per il mondo.
Anche in Italia, negli anni novanta, fu data una bella spallata alla prima repubblica per assicurare agli italiani quelle “libertà” che altri non avevano saputo garantire. Soltanto a distanza di parecchi anni ci siamo accorti di che tipo di libertà si parlava e mentre gli italiani piangono per le tremende prospettive esistenziali dei loro figli, i fiumi di denaro rubato, sottratto al popolo, superano addirittura gli argini e scorrono ormai incontrollati nei forzieri dei paradisi fiscali, in attesa della prossima sanatoria compiacente.
Un importante imprenditore italiano in questi giorni ha confessato che il sistema delle tangenti è divenuto una palude insopportabile. “Se fai impresa (a Sesto, a Milano, a Parma, a Napoli, dappertutto), devi entrare nella palude, altrimenti non lavori! I politici te lo dicono chiaramente. Vuoi un’autorizzazione? Devi pagare. Oppure te lo fanno capire in modo più nobile: perché non sponsorizzi il partito, dai…? Come se fosse una squadra di calcio…”.
E’ in questo clima tangentizio del post Craxi che agli italiani vengono richiesti sacrifici da lacrime e sangue da parte di un ministro delle finanze “sotto osservazione” costretto a fare il gioco delle numerose lobbies formatesi nei gangli di un asset di potere in cui gli inquisiti per fatti criminali gravissimi, continuano tranquillamente a vivere la loro orgia del potere. Senza vergogna.
è ancora di questi giorni l’affermazione del Cardinale Dionigi Tettamanzi, titolare dell’Arcidiocesi milanese (ma a fine mandato), secondo cui “gli anni della cosiddetta tangentopoli pare che qui non abbiano insegnato nulla, visto che purtroppo la questione morale è sempre d'attualità”.
Dunque le vicende “mani pulite” dei primi anni novanta, non sono servite da monito, anzi si può tranquillamente affermare che oggi è addirittura peggio. Molto peggio.

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