venerdì 2 dicembre 2011

L'arco dei forti si è spezzato e i deboli si cingono di forza

Articolo a mia firma apparso sul Corriere Trapanese il 2.12.2011

Citare la Bibbia non mi si addice. Vivo da agnostico anche in politica: “provare per credere” è il mio motto.
E ho provato a mie spese a far politica dalla parte del cittadino, fin da quando Fazio mi assegnò una delega assessoriale. Erano i primi anni del duemila e fino a tarda sera, io e il sindaco, abitatori solitari del secondo piano di Palazzo D’Alì, cercavamo di interpretare carte e modi comportamentali di personaggi (dirigenti e impiegati comunali) che fin lì avevano governato la cosa pubblica imponendo agli amministratori di turno le loro regole, frutto di un “sapere” spesso precluso a sindaci e assessori del secolo scorso. Ricordo che abbiamo spulciato migliaia e migliaia di documenti, delibere, determine dirigenziali, pagamenti, atti vari, comprendendo subito dove e come intervenire.
Anni impegnativi, ma molto coinvolgenti che hanno determinato una svolta determinante per il comune di Trapani.
Poi, d’incanto, il giocattolo si guasta e la Magistratura entra prepotentemente in una squallida vicenda che muove le mosse da una insanabile frattura all’interno di Forza Italia. Tonino D’Alì “rompe” con Giulia Adamo e Peppone Maurici. Non c’è più spazio per gli agnostici “o sei con me o contro di me”. I prodi impongono le loro regole e la loro forza; Fazio è stimolato a prendere posizione. Io sono “costretto” a rassegnare le dimissioni; Vito Dolce viene revocato da Presidente della SAU e subisce una telefonata di cui si occuperà la Magistratura; Vincenzo Scontrino (Amministratore Delegato dell’ATO Terra dei Fenici) subisce forti e incalzanti pressioni per lasciare l’incarico. Questo è il clima politico del tempo.
La storia ancora oggi si ripete, perché in questo cavolo di partito da cui ho preso le distanze da qualche anno, non c’è spazio per chi non è in perfetta sintonia con chi comanda: da Berlusconi in giù. Credere, obbedire, combattere, questo è il motto.
Credere che Ruby rubacuori sia la nipote di Mubarak, credere che i festini a luci rosse altro non siano che “salotti culturali” dove escort di lusso discutono del futuro dell’Italia; credere che i quotidiani “Il Giornale”, “Libero”, “Il Foglio” e altri, siano organi di stampa indipendenti e non creino dossier solo per cercare di colpire il dissenso; credere che la Magistratura sia in mano alle toghe rosse; credere che le leggi o le proposte di legge di Angelino Alfano, oggi nuovo “padroncino” del PDL, non avessero nulla a che vedere con i problemi giudiziari del suo leader; credere che la Minetti sia consigliere regionale della Lombardia per i suoi alti meriti politici; credere che Fini sia un traditore perché non ha avuto rispetto di chi un giorno lo ha “sdoganato”; credere che Berlusconi abbia ancora le carte in regola per governare una classe politica che lui indica e fa eleggere, esattamente come facevano in Tunisia, in Egitto, in Libia, in Siria, solo per citare Paesi in cui i giovani e non solo loro, recentemente hanno avuto il coraggio di scendere in piazza per difendere il loro futuro.
Così, in questo clima da avanspettacolo, si arriva anche alla frattura fra il sindaco di Trapani e il D’Alì che a suo tempo lo propose come primo cittadino. Non ne conosco i veri motivi, ma è possibile che anche in questo caso ci si sia stancati di fare all’infinito delle battaglie “contro”, anche quando non se ne ha voglia. Contro Gianfranco Micciché, contro Angelino Alfano, contro Nino Croce, contro Giulia Adamo, contro Peppone Maurici, contro Livio Marrocco, contro Renzo Carini, contro chiunque non sia in perfetta sintonia.
Diamine! Che partito è mai questo!
Fortunatamente mi sono autoescluso per tempo da siffatta logica, altrimenti in questi ultimi mesi mi sarebbe toccato di fare i conti anche con il mio sindaco, attaccandolo come hanno fatto e stanno ancora facendo i credenti, gli obbedienti, i combattenti, nel pieno rispetto della logica di appartenenza.
Però, come ho già avuto l’opportunità di affermare in altre occasioni, una cosa è esprimere il mio dissenso sia verso la gestione di un partito che ho concorso a fondare in provincia di Trapani, sia verso il suo fondatore Berlusconi, per i suoi comportamenti “privati” poco consoni all’immagine, al decoro, alla credibilità di un uomo, di un politico, di un Primo Ministro; altra cosa è continuare a sentirsi vicino a un’area politica che ancora oggi, purtroppo, non è abbastanza libera di manifestare il proprio disgusto verso certi fatti e comportamenti.
Oggi che l’arco dei forti si è spezzato, rischiando di disintegrarsi, ritengo che ci sia nuovo spazio per i “deboli”, per i “buoni”, per gli “intellettualmente onesti” che così si cingono di forza.
Roald Lilli Vento

Nessun commento: