giovedì 8 dicembre 2011

Nuovi e vecchi Barbari

Articolo pubblicato sul periodico Coni News del mese di Ottobre 2011

I dibattiti radio televisivi ed i conseguenti fiumi di parole che stanno scorrendo in questi giorni in ordine ai gravi fatti di Roma, danno la misura del forte stato di disagio interiore vissuto da ognuno di noi per il vile assalto alla Capitale da parte di barbari che hanno trasformato una giornata di protesta, quella degli indignados, in una inaudita dimostrazione di violenza pura, non motivata e non stimolata, ma premeditatamente concepita.
Il mondo sta vivendo in questi decenni le sue peggiori contraddizioni. Infatti, da un canto, l’abbattimento nel 1989 del Muro di Berlino, simbolo di una Cortina di Ferro che fu limite di confine europeo tra la zona di influenza statunitense e quella sovietica, durante la Guerra Fredda e dall’altro, circa trent’anni dopo, la nuova straordinaria febbre di democrazia e libertà che ha portato i giovani nordafricani a immolare la propria vita in nome di quei valori magici sinonimo delle migliori democrazie occidentali, rappresentano il simbolo di un mondo e di una società, alla ricerca di equilibri nazionali e internazionali che assicurino ai popoli sempre maggiore democrazia, partecipazione e benessere.
Il contrasto con la storia, però, stride in maniera molto forte quando si è costretti a fare i conti con la riscoperta dei nuovi Barbari che usando violenza alle regole sull’economia e la finanza, hanno rubato il futuro a milioni di giovani di tutto il mondo che indispettiti e indignati sono scesi in piazza per rivendicare le loro ragioni, per dire al mondo che non sono disponibili a passare alla storia come una generazione fallita, inesistente, incapace di reagire ad un fenomeno che li sta travolgendo e che li ha già portati ad un vissuto di precarietà che condizionerà l’intera loro esistenza. Senza reddito, senza lavoro, senza prospettiva, cosa sarà di questa nostra generazione di diseredati cui non è nemmeno assicurata la possibilità, un giorno, di fruire di una dignitosa pensione?
Eppure, malgrado queste preoccupanti considerazioni, agli indignados confluiti a Roma per celebrare la loro legittima giornata di protesta a suon di musica, canti, bandiere, simboli, striscioni e slogan, è stata rubata la scena da un manipolo di coetanei che della precarietà e della violenza, per scelta, hanno invece fatto un loro modello di vita.
Peccato, sarebbe stata una buona occasione per far riflette quei personaggi che reggono le fila della nostra economia e della politica, da destra a sinistra; così, ben per loro, sono liberi da riflessioni più serie, più impegnative e più rispettose di un disagio generazionale che prima o poi, comunque, li travolgerà.

Lacrime e sangue

Articolo pubblicato sul periodico Coni News del mese di Settembre 2011

Riprendiamo la pubblicazione dopo una forzata pausa legata esclusivamente alla mancanza di risorse finanziarie per far fronte ai costi di stampa e spedizione che seppur non ingenti debbono pur sempre essere recuperati da un giornale che per scelta non ha inserzioni pubblicitarie e viene distribuito gratuitamente.
E i tempi non sono certamente i migliori per sperare che le cose cambino, visto il tono dell’attuale dibattito sulla finanza pubblica, costretta a rivedere i propri “vizi”, pur senza averne fatto mai ammenda.
Così, carta stampata e telegiornali quotidianamente ci fanno l’elenco dei tagli che vengono operati sui trasferimenti agli enti locali, o dei meccanismi che porteranno le donne a lavorare ben oltre la soglia massima di sopravvivenza, al fine di ritardare sine die quelle liquidazioni che pare rappresentino il buco nero più pericoloso del bilancio dello Stato.
Non mi meraviglia affatto che non si parli assolutamente, almeno da parte di chi ci governa, di contenere gli sprechi di una pubblica amministrazione che non vuole assolutamente rinunciare ai propri privilegi che sono talmente tanti e di multiforme ingegno creativo, da offendere la dignità di quanti si dannano quotidianamente per guadagnare quel tozzo di pane, sempre più piccolo e duro, che consentirà la loro sopravvivere. Perché di sopravvivenza si parla per molti lavoratori.
Eppure i fiumi di denaro che scorrono e che quotidianamente impinguano i conti italiani ed esteri dei malfattori di regime, sono talmente tanti da far riflettere sulla sufficienza con cui gli organi di controllo affrontano il fenomeno. Forse un giorno, spero non molto lontano, si riuscirà a perquisire i salotti della casta ed allora potranno venir fuori vicende come quella che nel settembre del 1993 registrarono l’arresto di Duilio Poggiolini che fu trovato con le mani nel sacco, quello della sanità e dei farmaci in particolare. All'atto dell'arresto vennero sequestrati oltre 15 miliardi di lire su un conto svizzero intestato alla moglie; inoltre nella casa di Napoli della coppia vennero trovati diversi miliardi in lingotti d'oro, gioielli, dipinti e monete antiche e moderne (fra cui rubli d'oro dello zar Nicola II e krugerrand sudafricani). Che bella storia! Ve la ricordate, o l’avete rimossa dalla memoria?
Eppure le recenti immagini televisive di cassaforti gigantesche piene di banconote “forti”, spendibili facilmente in tutto il mondo, dovrebbero farci riflettere su quanto marciume ci sia nell’indole dell’uomo potente che si ritiene al di sopra di tutto, delle regole e delle leggi.
Uomini che hanno fatto le rivoluzioni per restituire dignità e giustizia al loro popolo e che poi, in nome del potere e del vile denaro, si trasformano in spietati aguzzini; vedi Gheddafi, Castro e tanti altri in giro per il mondo.
Anche in Italia, negli anni novanta, fu data una bella spallata alla prima repubblica per assicurare agli italiani quelle “libertà” che altri non avevano saputo garantire. Soltanto a distanza di parecchi anni ci siamo accorti di che tipo di libertà si parlava e mentre gli italiani piangono per le tremende prospettive esistenziali dei loro figli, i fiumi di denaro rubato, sottratto al popolo, superano addirittura gli argini e scorrono ormai incontrollati nei forzieri dei paradisi fiscali, in attesa della prossima sanatoria compiacente.
Un importante imprenditore italiano in questi giorni ha confessato che il sistema delle tangenti è divenuto una palude insopportabile. “Se fai impresa (a Sesto, a Milano, a Parma, a Napoli, dappertutto), devi entrare nella palude, altrimenti non lavori! I politici te lo dicono chiaramente. Vuoi un’autorizzazione? Devi pagare. Oppure te lo fanno capire in modo più nobile: perché non sponsorizzi il partito, dai…? Come se fosse una squadra di calcio…”.
E’ in questo clima tangentizio del post Craxi che agli italiani vengono richiesti sacrifici da lacrime e sangue da parte di un ministro delle finanze “sotto osservazione” costretto a fare il gioco delle numerose lobbies formatesi nei gangli di un asset di potere in cui gli inquisiti per fatti criminali gravissimi, continuano tranquillamente a vivere la loro orgia del potere. Senza vergogna.
è ancora di questi giorni l’affermazione del Cardinale Dionigi Tettamanzi, titolare dell’Arcidiocesi milanese (ma a fine mandato), secondo cui “gli anni della cosiddetta tangentopoli pare che qui non abbiano insegnato nulla, visto che purtroppo la questione morale è sempre d'attualità”.
Dunque le vicende “mani pulite” dei primi anni novanta, non sono servite da monito, anzi si può tranquillamente affermare che oggi è addirittura peggio. Molto peggio.

Per favore non toccate i "bamboccioni"

Articolo pubblicato sul periodico Coni News mese di Dicembre 2011

Ho avuto più volte l’opportunità di difendere i nostri giovani dalle accuse di essere bamboccioni e incapaci di svincolarsi dal cordone ombelicale che ancora li lega alla mamma; l’ho fatto nella convinzione che le istituzioni non si sono accorte per tempo(!) dello stato di precarietà in cui hanno vissuto gli anni più belli della loro esistenza, costretti come sono stati a vivere da veri e propri fantasmi; ombre nella penombra.
Giovani che a causa di un nefasto virtuale colpo di spugna, sono scomparsi dalle liste anagrafiche, rimanendo totalmente ignorati dalle fallimentari politiche giovanili attuate da Governi e politicanti di questo primo decennio di un secolo il cui arrivo avevamo festeggiato a suon di champagne, non potendo allora prevedere l’odierno tragico epilogo.
Così, ombre nella penombra, sono stati dimenticati anche dal nostro Primo Ministro Monti che nel suo Decreto “Salva Italia” a loro fa riferimento velatamente, a margine degli interventi sullo sviluppo (bonus fiscale) che dovrebbero portare le aziende ad assumere giovani entro i 35 anni, invertendo così il trend occupazionale.
Null’altro se non questo e poiché nel nostro Paese lo sviluppo è previsto dal 2013 in poi, i nostri giovani avranno ancora da aspettare e da soffrire, rinviando sine die i loro progetti di autonomia, di indipendenza ... di metter su famiglia. Per il momento, quindi, il futuro rimane tragicamente precluso a questa generazione di fantasmi viventi costretti a restare tali chi sa per quanto tempo ancora!
Certamente non li ha aiutati l’allungamento dell’età pensionabile e i disincentivi al pensionamento; né, di contro, sono stati previsti percorsi agevolati o snellimento di iter burocratici, per favorire l’avviamento di un’attività produttiva, oggi anch’essa precaria, in ragione delle pessime condizioni in cui si trova l’economia italiana.
Cosa fare, dunque? Non so; non saprei. Ma la mente mi va subito agli sprechi della pubblica amministrazione, ai costi della politica, ai vitalizi dei parlamentari, agli evasori fiscali, ai ladri di regime, agli appalti pubblici truccati, ai politici corrotti, alla casta che non vuole rinunciare ai propri privilegi, alle liquidazioni milionarie dei manager, alle ingenti e oggi poco opportune spese per gli armamenti.
Per favore, smettetela di chiamarli bamboccioni.
Roald Lilli Vento

Per i partiti è ormai difficile riassemblare i cocci rotti

Mi candido a Sindaco di Trapani

Gentile Direttore,
con riferimento alle mie riflessioni da Lei integralmente pubblicate il 2 Dicembre scorso, ho il dovere di rispondere ai suoi interrogativi.
Lei mi chiede se ho deciso di rimettermi in gioco candidandomi alle prossime amministrative. Mi sorprende in proposito l’espressione “rimettermi in gioco”, poiché mi pare di aver dimostrato, a più riprese, di continuare a partecipare al dibattito politico (almeno a quel po’ di dibattito che si riesce ad animare in questa città) con puntuali interventi spesso pubblicati da diverse testate giornalistiche, compresa la sua.
Il fatto di avere agito e stare ancora agendo al di fuori dei tradizionali partiti, non deve assolutamente indurla a fare riflessioni del tipo “simile ad un amante maltrattato dalla sua bella, e dignitosamente risoluto a tenerle il broncio, lascio la politica ov’ella sta, e parlo d’altro”.
Infatti, avendo preso le distanze dal Popolo delle Libertà per le intollerabili nefandezze del suo fondatore, non ho ritenuto di transitare altrove, così come sollecitato da più parti, per una mia visione etica dei comportamenti che, comprendo, mette in difficoltà chi è invece abituato ad assistere attonito a continui quanto trasversali cambi di casacche.
Dunque, nessun broncio, nessun amante maltrattato e nessun abbandono della politica, ma soltanto l’esigenza di tenersi ben distante da un partito che ai vertici guarda con attenzione alle escort e in periferia pensa di affidare il proprio futuro anche nelle mani di un mago/santone; un personaggio che ad Erice ha fatto tanto parlare di sé… anche la magistratura. Sognavo ben altro quando nel ’94 feci mia la proposta politica di Berlusconi.
Alla domanda se mi candiderò, rispondo quindi con un “sì” secco; è infatti aperto il confronto con la famiglia e una serie di amici, per la mia candidatura a sindaco di questa splendida città che anch’io ho concorso a rendere ancora più bella, ancora più pulita, ancora più vivibile. Se le cose andranno come spero, ci sarà in proposito un mio comunicato ufficiale. Non è infatti tollerabile che a distanza di pochi mesi dalle elezioni i partiti che contano si distinguano soltanto per la loro strategia del silenzio. La mia, da considerarsi una candidatura di servizio, sarà ritirata se fra le altre spiccherà quella di un personaggio di prestigio su cui far quadrato, del calibro del Magistrato Bernardo Petralia, per intenderci.
Con riferimento poi al fatto che l’arco dei forti non si sia per niente spezzato, come da lei affermato, in quanto D’Alì e Fazio pare abbiano ripreso a “frequentarsi”, la cosa non mi sorprende affatto, perché in un articolo dal titolo “Anch’io rilancio sulla GAD” apparso il 5 Gennaio 2011 sulla sua testata, sostenevo che “i due faranno quadrato al momento giusto, come del resto è quasi sempre accaduto in questi anni”. Come vede, anche in questo caso non mi sbagliavo.
Caro Direttore, l’arco dei forti si è proprio spezzato, anzi si è rotto in mille pezzi che qualcuno sta cercando di raccogliere. Ma sarà difficile riassemblarli. Ecco perché si ricorre a maghi e santoni.
Roald Lilli Vento

venerdì 2 dicembre 2011

L'arco dei forti si è spezzato e i deboli si cingono di forza

Articolo a mia firma apparso sul Corriere Trapanese il 2.12.2011

Citare la Bibbia non mi si addice. Vivo da agnostico anche in politica: “provare per credere” è il mio motto.
E ho provato a mie spese a far politica dalla parte del cittadino, fin da quando Fazio mi assegnò una delega assessoriale. Erano i primi anni del duemila e fino a tarda sera, io e il sindaco, abitatori solitari del secondo piano di Palazzo D’Alì, cercavamo di interpretare carte e modi comportamentali di personaggi (dirigenti e impiegati comunali) che fin lì avevano governato la cosa pubblica imponendo agli amministratori di turno le loro regole, frutto di un “sapere” spesso precluso a sindaci e assessori del secolo scorso. Ricordo che abbiamo spulciato migliaia e migliaia di documenti, delibere, determine dirigenziali, pagamenti, atti vari, comprendendo subito dove e come intervenire.
Anni impegnativi, ma molto coinvolgenti che hanno determinato una svolta determinante per il comune di Trapani.
Poi, d’incanto, il giocattolo si guasta e la Magistratura entra prepotentemente in una squallida vicenda che muove le mosse da una insanabile frattura all’interno di Forza Italia. Tonino D’Alì “rompe” con Giulia Adamo e Peppone Maurici. Non c’è più spazio per gli agnostici “o sei con me o contro di me”. I prodi impongono le loro regole e la loro forza; Fazio è stimolato a prendere posizione. Io sono “costretto” a rassegnare le dimissioni; Vito Dolce viene revocato da Presidente della SAU e subisce una telefonata di cui si occuperà la Magistratura; Vincenzo Scontrino (Amministratore Delegato dell’ATO Terra dei Fenici) subisce forti e incalzanti pressioni per lasciare l’incarico. Questo è il clima politico del tempo.
La storia ancora oggi si ripete, perché in questo cavolo di partito da cui ho preso le distanze da qualche anno, non c’è spazio per chi non è in perfetta sintonia con chi comanda: da Berlusconi in giù. Credere, obbedire, combattere, questo è il motto.
Credere che Ruby rubacuori sia la nipote di Mubarak, credere che i festini a luci rosse altro non siano che “salotti culturali” dove escort di lusso discutono del futuro dell’Italia; credere che i quotidiani “Il Giornale”, “Libero”, “Il Foglio” e altri, siano organi di stampa indipendenti e non creino dossier solo per cercare di colpire il dissenso; credere che la Magistratura sia in mano alle toghe rosse; credere che le leggi o le proposte di legge di Angelino Alfano, oggi nuovo “padroncino” del PDL, non avessero nulla a che vedere con i problemi giudiziari del suo leader; credere che la Minetti sia consigliere regionale della Lombardia per i suoi alti meriti politici; credere che Fini sia un traditore perché non ha avuto rispetto di chi un giorno lo ha “sdoganato”; credere che Berlusconi abbia ancora le carte in regola per governare una classe politica che lui indica e fa eleggere, esattamente come facevano in Tunisia, in Egitto, in Libia, in Siria, solo per citare Paesi in cui i giovani e non solo loro, recentemente hanno avuto il coraggio di scendere in piazza per difendere il loro futuro.
Così, in questo clima da avanspettacolo, si arriva anche alla frattura fra il sindaco di Trapani e il D’Alì che a suo tempo lo propose come primo cittadino. Non ne conosco i veri motivi, ma è possibile che anche in questo caso ci si sia stancati di fare all’infinito delle battaglie “contro”, anche quando non se ne ha voglia. Contro Gianfranco Micciché, contro Angelino Alfano, contro Nino Croce, contro Giulia Adamo, contro Peppone Maurici, contro Livio Marrocco, contro Renzo Carini, contro chiunque non sia in perfetta sintonia.
Diamine! Che partito è mai questo!
Fortunatamente mi sono autoescluso per tempo da siffatta logica, altrimenti in questi ultimi mesi mi sarebbe toccato di fare i conti anche con il mio sindaco, attaccandolo come hanno fatto e stanno ancora facendo i credenti, gli obbedienti, i combattenti, nel pieno rispetto della logica di appartenenza.
Però, come ho già avuto l’opportunità di affermare in altre occasioni, una cosa è esprimere il mio dissenso sia verso la gestione di un partito che ho concorso a fondare in provincia di Trapani, sia verso il suo fondatore Berlusconi, per i suoi comportamenti “privati” poco consoni all’immagine, al decoro, alla credibilità di un uomo, di un politico, di un Primo Ministro; altra cosa è continuare a sentirsi vicino a un’area politica che ancora oggi, purtroppo, non è abbastanza libera di manifestare il proprio disgusto verso certi fatti e comportamenti.
Oggi che l’arco dei forti si è spezzato, rischiando di disintegrarsi, ritengo che ci sia nuovo spazio per i “deboli”, per i “buoni”, per gli “intellettualmente onesti” che così si cingono di forza.
Roald Lilli Vento

venerdì 6 maggio 2011

Xenofobia e razzismo - Non tarpiamo le ali ai giovani immigrati

Articolo pubblicato su Trapani OK il 5 Maggio 2011

Mi riferisco all’articolo marcatamente razzista “Accà nisciuno è fesso” a firma di Michele Rallo, per fare alcune considerazioni sulle allucinanti affermazioni da lui fatte in ordine ad uno studio della Fondazione “Leone Moressa” secondo la quale nel nostro Paese nel 2010 circa 31000 aziende italiane avrebbero chiuso i battenti, mentre nello stesso anno sarebbero state create 29000 nuove aziende a conduzione straniera, con la conseguenza di un aumento della disoccupazione di lavoratori italiani e un conseguente aumento di assunzione di stranieri.
“La realtà, dice Rallo, è che gli immigrati clandestini vanno certamente a svolgere i lavori più umili e peggio retribuiti. Ma al contempo, gli immigrati più o meno regolari vanno ad occupare i posti di lavoro più ambiti, quelli che farebbero la felicità di qualsiasi padre di famiglia italiano appena licenziato”
Mi vorrà scusare l’amico e già collega Rallo, ma la lettura di questa frase mi ha dato la sensazione di ascoltare una notizia da “Istituto Luce”, quando il fascismo era raccontato dai cinegiornali del tempo.
In realtà, la nostalgia di una certa “cultura” traspare a chiusura del suo articolo che lui conclude citando, non a caso e non senza acredine, il suo ex compagno di partito Gianfranco Fini, che con la proposta di “attribuire la cittadinanza italiana al compimento dell’11 anno di età a tutti i figli che gli immigrati dovessero decidere di dare alla luce nel nostro Paese” costringerebbe i nostri figli ad andare a cercare il lavoro in Albania o in Tanzania.
Mi sembra abbastanza evidente la natura ideologica e politica dell’articolo che, partendo da una critica all’azione dei tre sindacati riunitisi recentemente a Marsala, scaglia una freccia al curaro al suo ex leader di cui certamente non condivide un “trasformismo” che io invece reputo più serio e più costruttivo di un fanatico quanto continuo e nostalgico sguardo al passato.
D’altra parte, le affermazioni di Rallo vengono smentite sia dalla Fondazione da lui citata, che proprio in questi giorni ha pubblicato e quindi fatto proprio uno studio del Censis secondo cui le aziende italiane “facciano comunque difficoltà a reperire alcuni mestieri, e alcuni posti di lavoro rischiano di essere vacanti perché non vi sono persone disposte a svolgere tali mansioni: muratori in pietra, meccanici, elettricisti …”; sia da una esemplare testimonianza di convivenza fra i cittadini di Mazara del Vallo e gli immigrati del Maghreb che in quest’area della nostra provincia raggiungono ben oltre il 10% della popolazione, dimostrando così, senza tema di smentita, una integrazione sociale, culturale, etnica e religiosa che dovrebbe servire a tutti d’esempio.
La Lega, con “fora dai ball”, ha espresso tutto il proprio razzismo e disprezzo verso questi poveri diseredati alla ricerca di un sogno. Il mio sogno e credo anche quello di Michele Rallo e di tutti i padri del mondo, è che i propri figli materializzino le loro ambizioni, le loro aspettative, i loro progetti di vita.
Anche gli immigrati sono dei figli ed è da vigliacchi cercare di tarpare le loro ali spiegate verso la ricerca della libertà.
Roald Vento

Bombardamento della Libia. Trapani: voli sospesi all'aeroporto civile

Articolo scritto il 29 Marzo 2011 e non pubblicato

Scarsa solidarietà: trapanesi imborghesiti

Ancora una volta Trapani non ha reagito come era logico che facesse, al cospetto del pericolo “mortale” che le viene dal blocco dell’aeroporto civile di Birgi.
Così, al corteo che si è diretto a Piazza Vittorio Veneto, davanti l’ingresso della Prefettura, hanno partecipato solo in pochi, non più di trecento cittadini, inclusi politici e sindacalisti che già da soli fanno un buon numero. C’erano i tassisti, come c’erano alcuni, ma soltanto alcuni, dei nuovi operatori turistici del trapanese che gestiscono centinaia di B/B, affittacamere, alberghi e pensioni che sono sicuramente i più danneggiati da questa parentesi bellica che sta infiammando il Mediterraneo.
Dov’erano gli altri? Dov’erano i commercianti, i ristoratori, i gelatai, i pasticcieri che in questi ultimi tempi hanno fatto buoni affari con il turismo legato all’aeroporto? Dov’era la società civile e la solidarietà degli abitanti di questa provincia che forti della loro sicurezza economica che viene dal loro stato in massima parte impiegatizio, a reddito fisso, non hanno certamente avuto il tempo e la voglia di riflettere sulla possibilità che gli eventi, in qualche modo, potessero infine stravolgere anche il loro sereno tran tran quotidiano?
La politica era tutta lì, schierata in prima fila, con tante di fasce tricolori. Ma per far cosa, se non per emettere comunicati stampa di tale o tal’altro tenore che nessun beneficio hanno finora portato a un territorio e alla sua gente che da circa due settimane vive con il cuore in gola?
Ognuno per conto suo, evitando perfino di incrociare gli sguardi perché divisi anche da rancori personali, i nostri rappresentanti politici si sono guardati bene dall’emettere un comunicato congiunto, forte, nei confronti di un Governo che si accorge di noi soltanto quando c’è da razzolare voti.
Cosa ci aspettiamo da una telefonata informale fatta a questo o quel ministro che per insipienza, per quieto vivere politico, o per incapacità ad imporsi perché in quel ruolo, ottenuto per grazia ricevuta, non ha alcun potere decisionale?
Alla tensione per un aeroporto che non dà più linfa al territorio, si aggiunge ora la beffa delle tendopoli. Non la sola di Kinisia, ma ben tre, se si considera che anche Marsala e Torretta sono state scelte da chi ama e rispetta questo territorio!
Dove erano i nostri rappresentanti politici quando sono state “sorteggiate” le nostre città? Sapevano i solerti funzionari dello Stato, i Ministri, i Sottosegretari, che Trapani già da anni dà abbondantemente in termine di ospitalità e solidarietà.
Non vorrei che una perversa strategia leghista ci porti all’esasperazione, per poi poter parlare di un sud intollerante e razzista.
Vorrei invitare gli operatori turistici dell’intera provincia a girare alla Prefettura di Trapani tutte le E mail i fax e altri messaggi di disdetta delle prenotazioni, affinché il nostro rappresentante del Governo li utilizzi per le necessarie strategie di tutela del territorio.
Invito infine i politici a mettere da parte i rancori personali e, con una efficiente strategia bipartisan, convincano il Governo nazionale che, perdurando questo grave stato di crisi, la già fragile economia del nostro territorio subirà fatalmente una stretta mortale.